I frammenti postumi di Friedrich Nietzsche raccolti in questo quinto volume testimoniano, nella dinamica molteplicità dei temi, un tumultuoso – e decisivo – periodo di transizione che si concluderà, simbolicamente, con il commiato definitivo da Richard Wagner. Nietzsche filologo «inattuale», critico e riformatore nel segno della Grecità e di Wagner, pone con risolutezza in discussione se stesso e le sue precedenti convinzioni, incamminandosi per una lunga e faticosa «via della liberazione» che, secondo un progetto destinato a non realizzarsi, avrebbe dovuto raggiungere al termine di un percorso di dodici Considerazioni inattuali. E a due di queste, Noi filologi e Richard Wagner a Bayreuth, sono legate gran parte delle riflessioni che si trovano in queste pagine. Da un lato, utilizzando i risultati delle nascenti scienze antropologiche ed etnologiche e cogliendo nell’antichità, accanto ai germi di una nuova mentalità libera e scientifica (rappresentata dai filosofi presocratici), la permanenza di un «pensiero impuro», Nietzsche si dimostra più che mai contrario – d’accordo con Burckhardt – alla concezione di uno «sviluppo naturale» della storia e della cultura presente nei filosofi hegeliani e nei positivisti. Dall’altro, individuando adesso una contrapposizione tra la categoria ampia di ‘educazione’ e i pericoli presenti nell’arte, si allontana sempre di più dal culto del ‘genio’ e dalla metafisica schopenhaueriana. Accanto a un fondo immutabile e tragico dell’esistenza, egli riconosce ora un campo di mobilità che, liberato dalle strutture metafisiche, può essere plasmato dall’attività umana ordinatrice, dall’«effettivo potere sulle cose».
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